lunedì 9 luglio 2012

Bellini - La Sonnambula - Vi ravviso o luoghi ameni

Anche in questo caso, un breve testo non troppo complicato.

Vi ravviso, o luoghi ameni,
in cui lieti, in cui sereni
sì tranquillo i dì passai
della prima gioventù!
Cari luoghi, io vi trovai,
ma quei dì non trovo più!

Sostanzialmente è un malinconico ricordo dei giorni passati, di fronte ai luoghi dove Rodolfo è nato e cresciuto. Il basso si dispiace perché ha ritrovato i posti dove è stato ragazzo, ma naturalmente non "trova" più i giorni della sua gioventù ormai passata.

Molto liberamente, potremmo avere:

Vi riconosco, posti belli e piacevoli
dove felici e tranquilli ho passato
i giorni della mia infanzia e gioventù.
I posti, li riconosco, ma 
i giorni lieti della mia gioventù sono finiti
e non torneranno mai più...

Puccini - Bohème - Vecchia Zimarra



Un testo relativamente moderno, che non richiede troppe spiegazioni.


La zimarra è un capo di abbigliamento, un lungo soprabito maschile, a cui Colline si rivolge come a una persona viva.


Il "sacro monte" è il monte di pietà, il banco dei pegni. Si tratta di un servizio che permetteva di avere qualche soldo in prestito lasciando in pegno oggetti ed effetti personali. Spesso poi i soldi per riscattare gli oggetti impegnati non si trovavano, e gli oggetti stessi venivano venduti dal proprietario del banco di pegni, a chiunque potesse permettersi di pagarli. La povera gente impegnava cose modeste, non di rado le lenzuola e i materassi, dovendo scegliere tra mangiare qualcosa e dormire magari sul pavimento, e dormire più comodi ma a stomaco vuoto.


Le "grazie" sono i ringraziamenti e il "dorso" della zimarra è in realtà la schiena di Colline che, in sostanza, ricorda di non essere mai sceso a compromessi anche se povero. 


Vecchia zimarra, senti,
io resto al pian, tu ascendere
il sacro monte or devi.
Le mie grazie ricevi.
Mai non curvasti il logoro
dorso a ricchi, ai potenti.

Passâr nelle tue tasche
come in antri tranquilli
filosofi e poeti.
Ora che i giorni lieti
fuggir, ti dico: addio
fedele amico mio.


Potrebbe diventare, molto liberamente:


Vecchio cappotto, ascolta
ci dobbiamo separare, ti devo impegnare al Monte di Pietà
Grazie per tutto quello che hai fatto per me.
Anche se sono povero, non ho mai piegato la schiena davanti ai ricchi e ai potenti.
Nelle tasche del mio soprabito tenevo libri di filosofi e poeti, non mi interessava il denaro.
Ora che i giorni felici sono finiti
Ti saluto, vecchio cappotto, simbolo della mia gioventù da studente.



sabato 7 luglio 2012

Händel - Giulio Cesare in Egitto - Cleopatra - N. 40 - Da tempeste il legno infranto


Inizio con questo breve testo dal Giulio Cesare in Egitto di N. F. Haym, musicato da G.F. Händel, perché conosco qualcuno che ha studiato l'aria, e ci sono un paio di paroline di  non immediata comprensione.


Il "legno" infatti si deve intendere come "imbarcazione"; non so come si chiami la figura retorica, ma si usa il materiale per indicare l'oggetto.
Desiar è forma antica per "desiderare" e "bear", con l'accento sulla "a", è ovviamente "rendere beato, felice" (niente a che vedere con  gli orsi in inglese, quindi).


Da tempeste il legno infranto,
se poi salvo giunge in porto,
non sa più che desiar.
Così il cor tra pene e pianto,
or che trova il suo conforto,
torna l'anima a bear.


diventa all'incirca, molto liberamente


La nave danneggiata dalle tempeste
se solo riesce ad arrivare in porto
non ha altri desideri, è già contenta così.
Così il cuore, combattuto tra sofferenze e lacrime
se riesce a smettere di soffrire
torna a rendere allegra anche l'anima.


Interessante la contrapposizione tra "cuore" e "anima" che ai giorni nostri forse si avrebbe tra "cuore" e "cervello".

Un altro blog? Ma a che cosa serve?

Mi chiamo Marco Simoncini e insegno Esercitazioni Corali e Musica Vocale d'Insieme al Conservatorio "Claudio Monteverdi" di Bolzano. Da ormai molti (troppi?) anni frequento cantanti professionisti e studenti di canto, e ultimamente ho occasione, per ovvi motivi, di incontrare studenti di canto di lingua tedesca.


Sia per gli italiani, sia per i tedeschi, a volte i testi delle opere liriche sono poco comprensibili, a causa della loro datazione e del linguaggio volutamente aulico che i librettisti adottavano. In tutti i casi, alcuni termini, anche non aulici, sono semplicemente scomparsi dall'uso comune e non sono più compresi dai "giovani d'oggi". 


Anche al di fuori dell'opera lirica, provate a chiedere a un ragazzo dei giorni nostri che cosa sia una "zangola" o anche solo un "mangiadischi", e vedete un po' a quali fantasiose risposte arriva il vostro interlocutore. Certe parole sono semplicemente sparite!


Figuriamoci un po', allora, se torniamo a linguaggi di due, tre, quattro secoli fa, quale può essere la percentuale di comprensione dei testi.


Per questo motivo, spero sia utile un elenco, magari poco organizzato e a gemmazione spontanea, di arie e brani d'opera vari (non ho alcuna preclusione nei confronti dei recitativi), in qualche modo "tradotti" in italiano moderno e, dove serve, commentati in base ai cambiamenti negli usi e costumi rispetto alla nostra epoca.


Sono benvenuti suggerimenti, commenti, segnalazioni e integrazioni. Sono tutt'altro che infallibile e la mia è una cultura da Settimana Enigmistica.


Saranno totalmente respinti al mittente i commenti ironici, maleducati e supponenti.


Marco Simoncini